Mille bolle blu

2021-02-25T08:35:16+01:00Febbraio 15, 2021|20(21) grammi, Storie|

Da buon piemontese, Gabriele Buzzi è la metà (e l’anima) intellettuale del Breakfast Club, quella che si sente a suo agio con le parole e nelle conversazioni un po’ pretenziose. Una passione rimbalzata dalla Bologna di Eco al dottorato a Chicago, fino ad approdare a Milano e in Logotel, dove veste i panni di Senior Manager progettando – tra digitale e design strategie di comunicazione. Musicista claudicante (e rocker nel midollo), amante del buon vino (naturale) e collezionista seriale di t-shirt blu (oltre che di vinili), per (20)21 grammi ha scritto un intermezzo distopico, un cortocircuito tra politica, media e società “perbene”.

La Pace, quella vera, con la P maiuscola, arrivò finalmente con l’abolizione della realtà.
I social media resero l’impresa praticabile, ma l’intuizione fu politica.
Ai gruppi dirigenti delle democrazie occidentali fu chiaro che le fazioni sociali contrapposte erano così contrapposte appunto, così divise e polarizzate, che si poteva dare in pasto loro verità molto diverse senza che la cosa desse troppo nell’occhio.

In Italia come in altri paesi della UE vennero fatti i primi esperimenti, una versione evoluta di quelli che in ambito Marketing si chiamano AB test.
A circa metà dei cittadini, i progressisti, venne fatto credere tramite i social network che una determinata legge fosse stata approvata, ai rimanenti, centristi e conservatori, che non lo fosse stata. I consensi del governo salirono sensibilmente in tutti gli schieramenti.

Rimanevano due ordini di problemi da risolvere, interconnessi tra loro: la realtà e i (pochi) giornali ancora in circolazione.
Con la prima, per così dire, si giocò d’astuzia. La legge – che riguardava un aspetto alla fin fine secondario della vita delle persone e che, come quasi sempre, spaccava il paese per una mera questione ideologica – venne sia approvata che non approvata dal parlamento italiano.

L’enorme mole pregressa di like, commenti, condivisioni permisero – anche grazie alla sponda delle tech company preoccupate dall’instabilità politica – di censire i cittadini a cui applicare gli effetti della nuova legge così come quelli che dovevano esserne esentati.
Dal giorno successivo all’approvazione, per una parte degli italiani il possesso di un quantitativo minimo di marijuana sarebbe stato depenalizzato, per altri semplicemente no.

E i giornali? I pochi ancora attivi si accorsero che qualcosa non tornava ma – un po’ per paura di contraddire il proprio zoccolo duro di lettori polarizzati, un po’ perché essendo già abbondantemente screditati agli occhi dell’opinione pubblica non si sentirono all’altezza del compito – fecero buon viso a cattivo gioco e non alzarono alcun polverone.

I test di “moltiplicazione del reale” si susseguirono per alcuni anni, tutti con esito positivo e con una maggior profilazione dell’esperienza. Tecnologie dell’informazione più evolute ed ergonomiche permisero di personalizzare il racconto della vita politica e sociale fin quasi al singolo individuo.

La macchina burocratica e organizzativa dello stato, pur con qualche scossone, tenne botta, riuscendo a non mostrare in modo troppo evidente l’inganno perpetrato ai “danni” dei cittadini. A quali comunque sembrava andare bene così.

E poi?
A un certo punto fu chiaro a quelli che “sapevano” che non si poteva più tornare indietro. In Italia e in Europa le persone potevano vivere in realtà contigue ma contrapposte: non solo vestivano, parlavano e pensavano in modo diverso, ma avevano libertà e diritti civili diversi, aliquote fiscali diverse. E naturalmente segregavano le minoranze in modo diverso.

Una cosa sola li accomunava: ognuno di loro votava il partito che alla fine risultava vincitore alle elezioni e che, di conseguenza, governava il paese in modo congruo alle aspettative dei suoi elettori.

Scomparvero gli hater e i troll dai social. Tutti erano tendenzialmente sempre d’accordo con quanto incontravano nella loro bolla informatica. Ogni tanto l’algoritmo creava dei piccoli sussulti a questa pace digitale dei sensi, in modo che l’idillio non apparisse sospetto, poi tutto ritornava a scorrere come prima.

Milano, febbraio 2030

Matteo e Giovanna hanno appena messo a letto il figlio e ora si rilassano sul divano. Prima di guardare una serie tv fanno un check sui rispettivi dispositivi mobili.

Matteo si compiace nel vedere che l’Inter è di nuovo prima in classifica, si diverte con le cazzate che gli amici sparano in chat, si sofferma a leggere un articolo che dimostra, dati alla mano, che il consumo di droghe leggere è in diminuzione grazie alla politica repressiva messa in atto dal governo.
Giovanna sbircia i profili Instagram dei suoi influencer preferiti, è tentata di comprare un cappotto online ma non lo fa, riceve un invito per un aperitivo a casa di Marco e Luca, una coppia di amici sposati da poco. «Devo ricordarmi di comprare una bottiglia» pensa tra sé «all’erba pensano loro in questi casi».

Marco e Giovanna si guardano, si sorridono, qualcosa sembra increspare i loro pensieri. Poi, come è venuto, passa.