D(i)ritto al piacere

2021-03-26T18:57:39+01:00Marzo 25, 2021|20(21) grammi, Sessualità|

Nel 2015 Frida Affer fonda in via Savona 45 a Milano WOVO Store, realtà che promuove la consapevolezza del proprio corpo e del proprio piacere attraverso sex toys, lingerie e lattice. In questi 6 anni le attività divulgative di WOVO sui temi del self-love e della sessualità hanno raggiunto quasi 75.000 persone su Instagram. Con lei non potevamo che esplorare gli impatti della pandemia su una dimensione tanto centrale per l’essere umano, quanto ancora largamente influenzata da stigma e tabù: la sessualità.

Attraverso WOVO e la community che avete creato negli anni avete un punto di vista molto concreto su come siamo messi in Italia rispetto ai temi della sessualità e del self-love. Come sono cambiati in un anno di lockdown e di distanziamento sociale?
Un trend positivo che non mi aspettavo all’inizio è stato quello dell’autoconsapevolezza delle persone rispetto al proprio piacere e al diritto al proprio piacere. Noi abbiamo ovviamente spinto tantissimo i contenuti legati ai temi del self-love, della masturbazione e dell’autoerotismo che non passano solo attraverso i genitali ma anche dalla cura e la conoscenza del proprio piacere.
Il lockdown ha sicuramente portato al distanziamento sociale tra le persone per cui non ha permesso contatti e rapporti nuovi o magari anche esistenti, però ha dato un accento alla conoscenza approfondita delle proprie esigenze. Viviamo tutti molto velocemente – specialmente noi milanesi – e diamo poco spazio alla relazione con il nostro corpo. Preferiamo farci un drink, andare a una festa, fare una cena con gli amici. Chi vive nelle metropoli un po’ più popolate come Milano ha sofferto di queste mancanze, ma ne ha guadagnato in termini di auto-sperimentazione, che va poi di pari passo con l’informazione. Sperimentazione e informazione sono il cocktail perfetto per un sesso e un piacere di qualità. Se c’è l’informazione ma manca l’esperienza non si va da nessuna parte. Se c’è l’esperienza ma manca l’informazione il rischio è di basarsi solo sulle proprie credenze e non godersi a pieno l’esperienza che si può vivere.
In tutta questa negatività, anche lecita, il bilancio per me, quindi, è un pollice su rispetto all’aumento della conoscenza delle proprie zone genitali, anche dal punto di vista strettamente biologico. Molte persone, ad esempio, hanno avuto il tempo di ascoltare i nostri contenuti che sono scientifici e dire: “ah benissimo, questa cosa non la sapevo del mio corpo. Abito il mio corpo da vent’anni e ho scoperto adesso questa cosa.” Sono piacevolmente sorpresa di come sono andate, e stanno continuando, le cose.

Questo trend che ci racconti è indistinto uomo-donna o ci sono delle differenze?
È indistinto uomo-donna, anzi devo dire che molti più uomini – o comunque persone con il pene – si sono avvicinate alla nostra realtà e hanno apprezzato tantissimo le informazioni che gli abbiamo dato. Se prima il nostro target era molto più femminile, c’è stato un bello switch sulle persone con il pene, che hanno capito che l’informazione è importante. Non è che se ho un pene, “bene o male lo so usare”, “tutti mi hanno detto che si fa così”, e quindi è finita lì, mentre una donna, essendo abituata allo stigma del piacere femminile difficile da raggiungere, ha più facilmente l’idea che deve lottare per conquistarselo. Invece no, anche per una persona con il pene c’è tanto di più di una semplice “sega”. A loro abbiamo tramandato delle informazioni e regalato degli strumenti.

Secondo te, la distanza tra i corpi stimola l’immaginazione la creatività o semplicemente porta alla “sterilità” e al calo del desiderio?
Il distanziamento sociale non è certo un modello che si può adottare nel lungo periodo: siamo esseri sociali, non siamo fatti per stare in isolamento. Il nostro istinto di sopravvivenza si fa poi sentire anche in questi casi: una delle cose più belle degli esseri umani è che siamo adattabili, in tutti i contesti, compresa la sessualità. Il nostro adattamento ha fatto in modo che si muovessero nuove occasioni di sperimentazione, ma ovviamente non siamo fatti per stare in questa condizione per sempre. È stato utile, ma basta. Quando sarà possibile credo saremo tutti felici di tornare al contatto e, se guardo il bicchiere mezzo pieno, con un bagaglio in più e una consapevolezza diversa rispetto a quando abbiamo iniziato.

Quali tabù ancora diffusi rispetto a sessualità e self-love ha tirato fuori da sotto il tappeto la pandemia?
Sicuramente in generale parlare di sesso, che è la cosa più banale, è ancora un tabù e più che altro la paura di essere giudicati dagli altri. Il lockdown ha promosso la richiesta d’informazioni a livello digitale ed è stato un boost per le persone che non si erano mai approcciate al negozio, per diversi motivi, di trovare invece il coraggio di chiedere. Un po’ per disperazione, un po’ per curiosità e per il tempo libero ritrovato.
Per abbattere tutti i tabù sessuali che abbiamo – e ce ne sono tantissimi – ci vorrà però ancora molto tempo. Se si parla ad esempio di piacere maschile è quello standard e lo stesso da sempre, mentre appena si tocca l’argomento di un piacere diverso come la penetrazione anale o il massaggio prostatico subito sia ha paura di scivolare nell’omosessualità. O anche semplicemente se si considerano tutti gli stereotipi legati ad alcune pratiche sessuali, per cui se a me piace fare una determinata cosa in ambito sessuale sono automaticamente un perverso. Tutto questo non è stato spazzato via dal lockdown. Se a me piace fare scambismo con un mio compagno o una mia compagna sarò sempre etichettato, finché non ci sarà prima di tutto chiarezza su cosa significa fare quel tipo di pratica. E poi ovviamente è necessario lavorare per eliminare lo stigma del diverso, rispetto all’orientamento sessuale, l’identità di genere, ma anche la pratica. Per questo ci vorrà un po’ di tempo e WOVO esiste anche per questo: per fare informazione e per normalizzare alcuni di questi concetti. Una parte però la deve fare anche il pubblico: se vogliamo vivere in un mondo più tollerante, ci dobbiamo sforzare ad esserlo e ad avere una maggiore apertura mentale.
Milano in questo senso è sicuramente una città più aperta di altri centri italiani – è un po’ una bolla – e il successo di WOVO è dovuto anche all’apertura dei milanesi, almeno nel parlare di alcuni argomenti, anche se poi rimane alta l’attenzione rispetto al giudizio degli altri. Per arrivare all’apertura mentale del nord Europa c’è però ancora molto da lavorare, a partire dallo scardinamento di alcuni tabù – e non mi riferisco solo al sesso – per essere più liberi e più tolleranti. Ho fondato WOVO proprio perché non trovavo abbastanza tolleranza nella mia città.

Oltre alle azioni di divulgazione che fa WOVO, cosa si dovrebbe (o potrebbe) fare a livello più allargato per rompere questi tabù e creare maggiore consapevolezza sui temi legati alla sessualità?
Partire dalle risorse più importanti che abbiamo: i bambini e i giovanissimi. Questo significa lavorare su programmi di educazione sessuale entrando nelle istituzioni, con Milano che faccia un po’ da nave-scuola per poi replicare la formula in tutta Italia. Credo fortemente che Milano, almeno in una parte delle sue scuole, sia pronta a questo passaggio. Credo molto nel ruolo delle nuove generazioni di insegnare ai propri genitori cosa vuol dire essere tolleranti, essere fluidi e abitare in un contesto socioculturale che cambia costantemente. Oggi ci sono dei programmi in alcune scuole, ma ognuno fa un po’ a modo suo: se esistesse invece un programma approvato dal Ministero a quel punto sarebbe quello per tutti. Capita che studenti mi contattino perché vedono in Wovo tutto quello che vorrebbero imparare e che la scuola in realtà non gli insegna.
L’account Instagram sexpositive_families ha pubblicato un post che era un invito ai genitori ad essere accessibili come il porno online: ovviamente è una frecciatina, ma se ci si pensa basta prendere il telefono per poter accedere a una marea di contenuti, mentre non sempre è altrettanto facile avere un confronto aperto all’interno del proprio contesto famigliare.

3 parole che vorresti sentir dire alle persone senza dover abbassare la voce in pubblico?
Sicuramente masturbazione, che è banale ma sfido chiunque a stare su un tram e dirla senza vergognarsi. Sesso anale. E orgasmo, che è la cosa più bella del mondo però dirla ad alta voce non è sempre così facile.

Le fonti d’ispirazione per sopravvivere all’ennesima zona rossa?
Prima di tutto seguirci su Instagram perché regaliamo un sacco d’informazione gratuita :)
Per chiunque poi una buona dose di lubrificante, che a differenza del lievito non finisce mai e va bene per tutto – sia per il self-love, sia per un massaggio al partner – per questo è un vero must da tenere sempre in casa.
E un buon libro e buona musica che fanno compagnia e aiutano a staccarsi dalla tecnologia.
In generale dedicarsi a sé stessi, lasciando da parte telefono e computer e il costante bombardamento di input.

Mai più senza…?
Gatti! Erano dieci anni che volevo prenderli e questa quarantena mi ha dato finalmente il la per prendere addirittura due fratelli. Mettono in casa una pace e una calma rare.

Qual è il rapporto tra WOVO e il Design, pensando anche all’anima di Milano?
Per WOVO è stato importantissimo non sessualizzare il sesso più di quanto non sia già sessualizzato. I sexy shop classici tendono a sessualizzare molto il sesso. Con WOVO ho seguito un approccio diverso, disegnando fin da subito un servizio più improntato al benessere e anche all’estetica e dedicando molto tempo alla ricerca puntigliosa e approfondita del prodotto. La base è la stessa perché si tratta sempre di sex toys, ma la differenza sta nella scelta di prodotti che non si trovano ovunque, di ottima qualità ed esteticamente molto appealing. Sicuramente, in questo senso, ha aiutato l’evoluzione che c’è stata negli ultimi dieci anni a livello di design dei sex toys.
Il legame con il design passa poi per me anche dall’interno dello Store, che è stato concepito come un salotto alla luce del sole dove le persone possono passare tranquillamente anche qualche ora, rispetto invece ai sexy shop tradizionali pensati per la toccata e fuga.

A proposito di sex toys, quanto è un tabù ancora il gioco in coppia?
Purtroppo, anche per la rappresentazione che si vede nei film e fatta dai media, c’è ancora molto l’idea che il sex toy sia lo strumento per la coppia arrivata alla frutta. In realtà il sex toy è un plus, che non sostituisce assolutamente le persone ma anzi è un aiuto. Però ultimamente, complice anche il lockdown in cui molte coppie si sono ritrovate chiuse in casa a non sapere cosa fare e a voler esplorare di più, sono aumentate le richieste. Anche se rimane un 80% per piacere personale e il restante per la coppia.
A discapito del mio settore poi bisogna dire che i sex toys per la coppia belli e funzionali non sono molti. Anche a livello di design non è facile pensare a un prodotto così versatile per essere usato in coppia, per due persone che sono profondamente diverse l’una dall’altra, considerando poi che ogni vulva e ogni pene sono differenti. Bisognerebbe disegnare un toy che si trasforma!
Rimane però ancora largamente un tabù, anche se la variante ovviamente non sostituisce l’originale. Gli esseri umani sono insostituibili, mentre il sex toy non ha nessun tipo di sorpresa, è quello che è: sai come utilizzarlo, lo metti in carica e va. Nel sesso di coppia invece è tutto casuale, per fortuna. È una delle cose che ci è rimasta senza troppe sovrastrutture.